Disciplina fiscale dei contributi e dei premi versati

  • La Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate fa riferimento a un Piano welfare, da utilizzare attraverso una specifica piattaforma web, che consente ai destinatari la fruizione di utilità specificatamente individuate; il Piano consente ai dipendenti di utilizzare il credito welfare quale contribuzione aggiuntiva a un fondo pensione. In relazione a ciò viene precisato che, in considerazione delle caratteristiche del Piano, la contribuzione aggiuntiva ai fondi di previdenza complementare può essere qualificata quale onere deducibile che non concorre alla formazione del reddito ai sensi della lettera h) del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR, sempreché risultino rispettate le condizioni e i limiti previsti dall’articolo 10, comma 1, lettera e-bis), del Tuir. Considerato che il versamento è effettuato direttamente dal datore di lavoro al Fondo di previdenza complementare, nonché riportato nella Certificazione Unica rilasciata al dipendente, quest’ultimo non è tenuto ad alcuna comunicazione alla forma di previdenziale complementare in relazione al credito welfare destinato a tale finalità.

  • La risoluzione chiarisce quali sono le modalità con cui, a decorrere dal primo gennaio 2012, i lavoratori di prima occupazione successiva alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 252 del 2005 (1° gennaio 2007) potranno portare in deduzione dal proprio reddito complessivo, nei venti anni successivi al quinto di partecipazione a forme di previdenza integrativa, i contributi versati a queste ultime, utilizzando – oltre all’ordinario plafond di deducibilità di euro 5.164,57 annui – un ulteriore bonus corrispondente a euro 2.582,29 annui, sino a concorrenza dell’ammontare che corrisponde alla differenza positiva fra l’importo di euro 25.822,85 e i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche (come previsto dall’art. 8, comma 6, del d.lgs. n. 252 del 2005).

    Il monte accumulato del predetto bonus, può essere utilizzato, fino a completo esaurimento, a partire dal 6° anno, nel limite massimo consentito di euro 7.746,86, tutte le volte in cui siano versati contributi eccedenti il limite di euro 5.164,57. La disposizione non prevede alcun obbligo di ripartizione in quote costanti del monte non dedotto, né alcuna conseguenza in caso di mancato utilizzo di detto monte in un dato anno.

    Se, invece, il lavoratore nei venti anni successivi ai primi cinque versa sempre contributi per importi inferiori a € 5.164,57 perde definitivamente la possibilità di utilizzare il bonus accumulato nei primi cinque anni.
  • Nell’ipotesi in cui i contributi versati al fondo pensione dal datore di lavoro siano incrementati della quota associativa da versare all’organizzazione sindacale di appartenenza non è corretto qualificare come contributi di previdenza complementare quelli destinati alla copertura della predetta quota associativa. Detti contributi non potranno, pertanto, beneficiare della previsione di esclusione dal concorso alla formazione della base imponibile del reddito di lavoro dipendente di cui all’articolo 51, comma 2, lettera h) del Tuir. Ciò in quanto il maggior importo espressivo della quota associativa da versare all’organizzazione sindacale di appartenenza non risulta inequivocabilmente e unicamente collegato agli obiettivi tipici della previdenza complementare, la cui funzione principale è quella di assicurare ai lavoratori un maggior livello di copertura previdenziale rispetto a quello offerto dal sistema pubblico.
  • Ai sensi dell’art.70 del TUIR (ora art.105), gli accantonamenti effettuati dal datore di lavoro a fondi interni sono deducibili dal reddito d’impresa a condizione che il fondo sia costituito in conti individuali del singolo dipendente e vi sia un patrimonio separato con vincolo di destinazione ex art.2117 c.c.

    Qualora manchi uno dei predetti requisiti, gli accantonamenti effettuati dal datore di lavoro a fondi interni sono indeducibili dal reddito d’impresa al momento del loro versamento. La deducibilità compete, invece, al momento dell’erogazione della prestazione pensionistica.

    In questo caso, peraltro, considerato che la composizione fiscale del fondo risulta non omogenea, comprendendo in parte anche accantonamenti eseguiti ante 2001, come tali non tassati in base alle precedente disciplina fiscale, la deduzione delle somme pensionistiche erogate compete nella misura proporzionale corrispondente al rapporto tra la parte del fondo pensione interno assoggettata a tassazione e la consistenza complessiva dello stesso risultante alla fine dell’esercizio precedente all’erogazione della prestazione.
  • La risoluzione fa riferimento all'obbligo, sancito dall'art.1, comma 2, del d.lgs.47/2000, in capo all'iscritto alla forma pensionistica, di comunicare entro il 30 settembre di ogni anno, con riferimento ai contributi e premi versati nell'anno precedente (ovvero, se antecedente, entro la data in cui l'iscritto matura il diritto alla prestazione) i contributi e i premi non dedotti dal proprio reddito complessivo (in genere per il superamento dei limiti previsti). Tale adempimento è finalizzato a consentire alla forma pensionistica di escludere i contributi e i premi non dedotti dalla base imponibile, ai fini fiscali, della prestazione erogata. In particolare, l'Agenzia precisa che tale comunicazione deve essere resa obbligatoriamente dall'iscritto, in quanto la determinazione dell'ammontare dei contributi non dedotti dipende da circostanze soggettive e note con certezza soltanto al contribuente che rappresenta l'unico soggetto in grado di conoscere la propria situazione reddituale, anche avuto riguardo agli altri redditi non di lavoro dipendente e degli eventuali contributi versati per i familiari a carico.

    In tale contesto, quindi, il fondo pensione, nella propria veste di sostituto d'imposta, non può sostituirsi all'iscritto in tale adempimento, non essendo a conoscenza della precisa situazione reddituale e familiare del contribuente.
  • La risoluzione riguarda il tema della deducibilità dei contributi da parte dei c.d. vecchi iscritti, per i quali, sino al 1995, il limite di deducibilità è costituito dal minor importo tra il 12% del reddito complessivo ed il maggiore tra l'importo dei contributi effettivamente versati nel 1999 e 5.164,56 euro.

    Ai fini della corretta liquidazione del modello 730/2002, è precisato che, qualora il contribuente si sia avvalso dell'assistenza fiscale prestata dal CAF, la verifica dei limiti di deducibilità è demandata direttamente al CAF il quale deve raffrontare la contribuzione effettivamente versata nell'anno rispetto alla contribuzione versata nel 1999, la quale deve risultare da apposita certificazione rilasciata dal fondo.

    In termini analoghi deve comportarsi, ad avviso dell'Agenzia, anche il datore di lavoro che operi quale sostituto d'imposta, nel caso in cui il contribuente si sia avvalso dell'assistenza fiscale direttamente prestata dallo stesso datore.
  • La risoluzione riguarda il tema della deducibilità dei contributi da parte dei c.d. vecchi iscritti, per i quali l'art.4, comma 3 del Tuir stabilisce un particolare regime transitorio, valido per un periodo di cinque anni dal gennaio 2001 al 31 dicembre 2005. Per tali soggetti, fermo restando il limite massimo del 12% del reddito complessivo, il limite assoluto è maggiorato della differenza fra i contributi effettivamente versati nel 1999 e l'importo massimo di 10 milioni di lire (ora 5.164,56 euro).

    Nel caso di specie, viene esaminata la situazione di un lavoratore dipendente vecchio iscritto ad un fondo preesistente italiano, il quale, per un certo periodo, è stato distaccato dal proprio datore di lavoro presso una società controllata con sede in Gran Bretagna ed ha, quindi, aderito ad una forma pensionistica complementare di diritto inglese, senza, peraltro, riscattare la posizione individuale maturata in Italia. Ai fini della determinazione del plafond di deducibilità, l'istante chiede di conoscere se sia possibile tener conto dei contributi versati nel 1999 alla forma di previdenza inglese.

    A tale proposito, l'Agenzia delle Entrate fa presente che le disposizioni di cui al d.lgs.124/93 non appaiono riferibili a fondi pensione non nazionali e che, pertanto, i contributi versati nel 1999 a forme complementari di diritto inglese non rilevano ai fini della maggiore deducibilità dei contributi previdenziali.
  • La risoluzione esamina la tematica della deducibilità dei contributi versati da parte di dipendenti pubblici ad un fondo pensione preesistente.
Categoria: 
Risoluzioni