Risposta a quesito in materia di limiti agli investimenti in organismi di investimento collettivo del risparmio alternativi (FIA)

Categoria: 
Gestione del fondo
Gestione delle risorse
Data: 
Ottobre, 2016

 

 

 


(lettera inviata a una associazione)



Si fa riferimento alla nota del …, con cui codesta Associazione ha chiesto, nello specifico, chiarimenti in ordine all’applicazione dei limiti di cui all’art. 5, comma 1, secondo periodo, del DM 166/2014 agli organismi di investimento collettivo del risparmio alternativi (c.d. FIA) che siano negoziati in un mercato regolamentato.

Detto art. 5, al comma 1, secondo periodo prevede che: L’investimento in strumenti finanziari non negoziati nei mercati regolamentati e in OICR alternativi (FIA) è mantenuto a livelli prudenziali, è complessivamente contenuto entro il limite del 30 per cento delle disponibilità complessive del fondo pensione ed è adeguatamente motivato dal fondo pensione in relazione alle proprie caratteristiche e a quelle della politica di investimento che intende adottare.

Si ricorda inoltre che, ai sensi dell’art. 5, comma 4, lett. f) del medesimo Decreto, l’investimento in FIA è contenuto entro il limite del 20 per cento delle disponibilità complessive del fondo pensione e del 25 per cento del valore del FIA.

Ad avviso di codesta Associazione il limite quantitativo del 30 per cento, previsto dall’art. 5, comma 1, del DM 166/2014, non dovrebbe applicarsi ai FIA negoziati nei mercati regolamentati, mentre non è messa in dubbio l’applicazione del limite del 20 per cento delle disponibilità complessive del fondo pensione, previsto dal successivo art. 5, comma 4, lett. f).

Il quesito fa genericamente riferimento alle quote di un FIA riservato negoziate su un mercato regolamentato mentre le argomentazioni portare a sostegno di detta tesi riguardano il caso specifico di FIA italiani negoziati in un mercato gestito dalla Borsa Italiana S.p.A.

Nell’interpretare la disposizione in oggetto non si può, tuttavia, omettere di considerare che la stessa riguarda tutti i FIA (in base alla definizione contenuta nell’art. 1, comma 1, lett. t) del DM 166/2014 sono infatti da considerarsi tali sia i FIA italiani, sia i FIA UE, sia i FIA non UE). Le considerazioni che seguono sono, quindi, svolte prescindendosi dal caso di specie rappresentato da codesta Associazione e dal mercato nel quale gli stessi sarebbero regolamentati, perché ritenuto non dirimente ai fini della soluzione del quesito.

Con riferimento a detti organismi di investimento collettivo del risparmio alternativi (FIA), si evidenzia che la Direttiva 2011/61/UE (Alternative Investment Fund Managers Directive), citata nella nota di codesta Associazione, ha fissato regole armonizzate in materia di autorizzazione, funzionamento e trasparenza dei gestori (GEFIA) che gestiscono e/o commercializzano FIA nell’ambito dell’Unione Europea.

L’armonizzazione prefigurata dal Legislatore comunitario, investe, peraltro, esclusivamente i gestori dei fondi alternativi e non si spinge a livello dei prodotti gestiti, in relazione ai quali permane la piena competenza normativa di ciascuno Stato Membro. Ciò risulta ribadito anche nel decimo considerando della Direttiva AIFMD, secondo cui sarebbe eccessivo disciplinare la struttura o la composizione dei portafogli dei FIA gestiti da GEFIA a livello di Unione e sarebbe difficile conseguire un’armonizzazione così vasta a causa della grande varietà di tipi di FIA gestiti dai GEFIA.

In tale contesto, caratterizzato dalla varietà dei tipi di FIA e dai molteplici e variegati profili di rischio che ad essi possono essere connessi, si inseriscono dunque le previsioni del DM 166/2014 sui limiti quantitativi e qualitativi agli investimenti dei fondi pensione.

In particolare, in base ai limiti quantitativi previsti dal citato art. 5, comma 1, del DM 166/2014, le risorse dei fondi pensione devono essere prevalentemente indirizzate verso l’investimento in strumenti negoziati nei mercati regolamentati. Tale principio risulta poi ulteriormente definito nel periodo successivo laddove viene introdotto un limite percentuale agli investimenti in strumenti non negoziati nei mercati regolamentati.

Il DM non si è, tuttavia, limitato a fare tale distinzione (negoziati nei mercati regolamentati e non) ma ha ulteriormente specificato che in detto limite (del 30 per cento) devono essere compresi anche i FIA, senza qui distinguere i FIA negoziati nei mercati regolamentati dai FIA non negoziati in tali mercati. Risulta pertanto evidente, sulla base di un’interpretazione letterale della norma, che il Legislatore non ha inteso limitare ai soli FIA non negoziati nei mercati regolamentati l’inclusione nel limite del 30 per cento.

Giova inoltre rilevare che, in assenza di ulteriori specificazioni nel testo dell’articolato, il termine FIA va letto nei termini di cui alla definizione contenuta nell’art. 1, comma 1, lett. t) del DM 166/2014, che non distingue in alcun modo tra FIA negoziati nei mercati regolamentati e FIA non negoziati in tali mercati.

E’ inoltre da considerare che laddove si intendessero ricompresi nel dettato dell’art. 5, comma 1, secondo periodo del DM 166/2014 solo i FIA non negoziati nei mercati regolamentati, la specifica menzione in detta norma dei FIA risulterebbe ultronea e ridondante, dal momento che sarebbe stato sufficiente il solo richiamo agli strumenti non negoziati nei mercati regolamentati, nell’ambito dei quali ricadono senz’altro anche i FIA non negoziati nei mercati regolamentati. Dovendosi attribuire alle norme un senso, non si può che propendere per la tesi secondo la quale tutti i FIA, sia negoziati che non negoziati nei mercati regolamentati, rientrano nel limite in parola, al pari degli strumenti non negoziati in detti mercati.

La previsione di cui al secondo periodo dell’art. 5, comma 1, va quindi letta non solo come integrazione e specificazione di quella di cui al primo periodo, ma va intesa anche, con riferimento a tutti i FIA, come derogatoria alla regola di carattere generale di cui al primo periodo, giacché i FIA vengono complessivamente in essa attratti, a prescindere dalla loro negoziazione o meno in un mercato regolamentato, in un’ottica di complessiva limitazione dell’esposizione complessiva del fondo al rischio.

L’interpretazione sopra prospettata trova altresì rispondenza nelle considerazioni espresse dal Consiglio di Stato nel suo parere n. 422/2014 reso sullo schema di Decreto nel quale viene specificato che: In aggiunta al limite complessivo sopra menzionato del 30%, applicabile a tutti gli strumenti negoziati in mercati non regolamentati e fondi alternativi, per questa ultima specifica categoria è previsto un ulteriore limite del 20 % delle disponibilità del fondo pensione e del 25% del valore del fondo alternativo.

Il Presidente