Risposta a quesito in materia di trasferimento della posizione individuale

Categoria: 
Prestazioni
Trasferimenti delle posizioni individuali
Data: 
Aprile, 2009

 


(lettera inviata ad un fondo pensione negoziale )

Si fa riferimento alla nota del … con la quale codesto Fondo ha chiesto un parere in merito alla disciplina del trasferimento della posizione individuale contenuta nell’art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 252/2005.

In particolare, con detta nota, è stato fatto presente che alcuni dipendenti della Società …, con sede a … e …., iscritti al Fondo pensione …, a seguito della maturazione del periodo biennale di permanenza, hanno chiesto il trasferimento della posizione al Fondo pensione complementare per i lavoratori dipendenti della Regione ….

In merito alla legittimità della richiesta di trasferimento, codesto Fondo manifesta alcune perplessità, ritenendo che la disciplina sulla portabilità della posizione prevista dal citato art. 14, comma 6, riguardi unicamente i trasferimenti da un fondo pensione negoziale ad un fondo pensione aperto o ad un PIP e viceversa, non contemplando, invece, la possibilità di spostare la posizione da un fondo pensione negoziale ad altro fondo pensione negoziale.

In sostanza, secondo quanto prospettato nella richiesta di parere, gli aderenti, pur avendo potuto scegliere, in sede di adesione, tra il Fondo … e il Fondo pensione complementare per i lavoratori dipendenti della Regione …, una volta aderito ad uno dei due fondi sarebbero vincolati a permanere presso lo stesso, ferma restando la possibilità di trasferire la posizione ad un fondo aperto o ad un PIP.

Viene, inoltre, sollevato un ulteriore aspetto di problematicità. Ad avviso di codesto Fondo, infatti, risulterebbe preclusa la portabilità del contributo datoriale verso il Fondo pensione complementare per i lavoratori dipendenti della Regione …, in considerazione del fatto che il CCNL istitutivo del Fondo … non contiene disposizioni in proposito.

Con riguardo al primo profilo, si osserva che l’art. 14, comma 6, prevede che decorsi due anni di partecipazione alla forma l’aderente ha facoltà di trasferire l’intera posizione individuale maturata ad altra forma pensionistica..

La disposizione appare, nella sua ampia formulazione, molto chiara nell’accordare agli aderenti la facoltà di scegliere liberamente la forma pensionistica di destinazione tra tutte quelle alle quali abbiano titolo di accedere, a prescindere dalla natura dell’adesione, collettiva o individuale, o della tipologia di forma. Non sembra possa dubitarsi, infatti, che come il lavoratore in fase di adesione può scegliere la forma pensionistica cui aderire, analogamente può esercitare la medesima scelta anche in una fase successiva, optando per il trasferimento della posizione ad altra forma.

La diversa impostazione prospettata nella richiesta di parere, oltre a non essere coerente con l’ampia previsione di cui al citato art. 14, comma 6, non trova rispondenza neanche nelle previgenti disposizioni in materia di trasferimento della posizione.

Il d.lgs. n.124/1993, infatti, all’art. 10 disciplinava il trasferimento volontario della posizione con due distinte disposizioni riconducibili l’una, alle forme a carattere collettivo e l’altra alle forme pensionistiche individuali. Con riferimento alle prime, il comma 3-bis disponeva che le fonti istitutive dovessero prevedere la facoltà di trasferimento della posizione individuale dell’iscritto presso altro fondo pensione negoziale o aperto o presso forme pensionistiche individuali, decorso un periodo minimo di permanenza di cinque anni, limitatamente ai primi cinque anni di vita del fondo, e a regime, di tre anni.

Per le forme pensionistiche individuali il comma 3-quinquies prescriveva che i relativi regolamenti o contratti dovessero contemplare la facoltà di trasferimento verso fondi negoziali, fondi aperti e verso altre forme pensionistiche individuali, non prima del decorso di tre anni dall’adesione o dalla conclusione del contratto.

Il d.lgs. n.124/1993 prevedeva, dunque, espressamente la possibilità di trasferire la posizione a forme pensionistiche della medesima tipologia di quella di appartenenza, sia nel caso di adesioni collettive che individuali.

L’art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 252/2005, invece, reca un’unica disciplina dei trasferimenti volontari relativa a tutte le forme pensionistiche, prevedendo genericamente che la posizione individuale possa essere trasferita ad altra forma pensionistica complementare e uniformando per tutte le forme il periodo minimo di permanenza (riducendolo a due anni).

Alla luce di quanto sopra rilevato, si ritiene che il legislatore della riforma non abbia inteso dettare una disciplina più restrittiva del trasferimento della posizione rispetto al sistema previgente; ciò, soprattutto, se si considera il principio di delega contenuto nella legge n. 243/2004 relativo alla eliminazione degli ostacoli che si frappongono alla libera adesione e circolazione dei lavoratori all’interno del sistema della previdenza complementare..

L’interpretazione prospettata da codesto Fondo, oltre che contraria alla lettera della norma, si porrebbe, infatti, in contrasto anche con i criteri ispiratori della riforma, tesi a valorizzare la facoltà di scelta della forma cui accedere sia in fase di adesione che di trasferimento.

Si ritiene, quindi, che l’art. 14, comma 6 del decreto n.252/2005 consenta il trasferimento volontario della posizione verso una qualsiasi forma pensionistica complementare, individuale o collettiva, alla quale l’aderente possa aderire, a prescindere dalla natura della forma di provenienza e di quella di destinazione.

Quanto alla seconda questione prospettata, relativa alla portabilità del contributo datoriale, si ha presente che il medesimo art. 14, comma 6, prevede che, in caso di esercizio della facoltà di trasferimento, il lavoratore ha diritto al versamento del contributo del datore di lavoro alla nuova forma prescelta nei limiti e secondo le modalità stabilite dai contratti o accordi collettivi anche aziendali.

Sul punto codesto Fondo esprime il convincimento che il lavoratore che trasferisce la posizione dallo stesso Fondo … al Fondo pensione complementare per i lavoratori dipendenti della Regione … non abbia diritto al contributo datoriale in quanto il CCNL istituivo di … nulla prevede in merito.

Anche su tale questione, l’impostazione prospettata non appare condivisibile in quanto il diritto di beneficiare del contributo datoriale da parte del lavoratore che trasferisce la posizione al Fondo regionale trova, in realtà, fondamento nelle previsioni contenute nell’accordo collettivo istitutivo dello stesso Fondo regionale …, a prescindere dalla previsioni contenute nel contratto nazionale di categoria del Fondo ….

D’altra parte, il sistema delle fonti istitutive delle forme pensionistiche complementari, delineato dall’art. 3 del d.lgs. n.252/2005 (e ancor prima dall’art. 3 del d.lgs.124/1993) rende possibile la compresenza, in materia di previdenza complementare, di fonti istitutive di diverso livello, dirette alla medesima categoria o raggruppamento di lavoratori.

La previsione, in tale norma, di un’ampia articolazione delle possibili aree di aggregazione lascia, pertanto, notevole facoltà di scelta ai promotori nell’individuazione dei criteri di formazione dei gruppi a cui riferire i fondi. Per quanto concerne la fonte costituita da contratti e accordi collettivi, non è, dunque, dato rinvenire nella normativa di riferimento, per il settore privato, limitazioni di sorta in ordine ai livelli della contrattazione collettiva, né alla rappresentatività dei sindacati stipulanti.

Quanto sopra ha già formato oggetto di ampie precisazioni negli Orientamenti COVIP del 12 novembre 2003 (Coordinamento di forme pensionistiche complementari collettive aventi ambiti di destinatari parzialmente o totalmente sovrapposti). Come chiarito in detto documento, la sussistenza di una pluralità di forme pensionistiche di carattere collettivo con aree di destinatari parzialmente coincidenti si traduce, in sostanza, in una pluralità di offerte che vengono prospettate al lavoratore, il quale, nell’ambito del principio della libertà di adesione, ha facoltà di esercitare l’opzione di scelta tra i diversi fondi ad ambito definito, tutti riferiti al rapporto di lavoro di cui è parte.

Pertanto, nel caso di specie, i lavoratori che hanno titolo, in base alle fonti istitutive del Fondo … e del Fondo regionale …, di aderire sia all’uno sia all’altro, sono liberi di scegliere a quale Fondo accedere, o successivamente trasferire la propria posizione individuale.

Quanto, poi, alla contribuzione, i predetti lavoratori avranno diritto al contributo datoriale nella misura e alle condizioni previste dalle rispettive fonti istitutive. Nel caso di adesione al Fondo regionale …, il lavoratore può pertanto continuare a ricevere la contribuzione datoriale in forza dell’impegno assunto dallo stesso datore di lavoro in base alle previsioni dei relativi accordi.

Il Presidente