Risposta a quesito in materia di riscatto da un fondo pensione aperto per cessazione dell’attività e conseguente inoccupazione

Categoria: 
Prestazioni
Riscatti
Data: 
Ottobre, 2008

 


(lettera inviata ad una società istitutrice di un fondo pensione aperto)

Si fa riferimento alla nota del ……….., con la quale codesta società ha chiesto chiarimenti circa la corretta applicazione della normativa di cui all’art. 14, comma 2, lett. b) e c) del decreto legislativo n. 252/2005, relativa al riscatto parziale o totale per cessazione dell’attività lavorativa e conseguente inoccupazione.

Al riguardo, la società chiede, in generale, un parere in ordine alla qualificazione dello stato d’inoccupazione e alla documentazione idonea ad attestarlo. Oltre a ciò, è inoltre rappresentato il caso di un iscritto che ha cessato l’attività lavorativa pregressa, mantenendo una partecipazione in qualità di socio accomandante in una società in accomandita semplice, senza svolgere attività professionale nell’azienda e senza ricevere da essa proventi, e che chiede il riscatto totale per inoccupazione superiore a 48 mesi; sul punto è chiesta conferma in ordine al fatto che la situazione decritta non invalida la condizione di inoccupazione.

Nel merito si evidenzia preliminarmente che, ai fini dell’art. 14 comma 2, lett. b) e c) del decreto n. 252/2005, assume rilievo la sussistenza dello status di disoccupato, considerato che la cessazione di una pregressa attività lavorativa è, per espresso richiamo normativo, condizione per l’accesso al riscatto.

Volendosi rinvenire una definizione del concetto di disoccupazione, il riferimento normativo che consente l’individuazione di parametri utili a tale definizione è il decreto legislativo n. 181/2000. In tale decreto, recante la disciplina normativa finalizzata ad agevolare l’incontro tra la domanda ed offerta di lavoro, lo stato di disoccupato consiste nella condizione di colui che, dopo aver perso un posto di lavoro o cessato un’attività di lavoro autonomo, sia alla ricerca di un’occupazione.

La condizione di disoccupato assume rilievo sotto vari profili, come, ad esempio, per la fruizione dell’indennità di disoccupazione e degli interventi di promozione al reinserimento nel mondo del lavoro, ovvero per il riconoscimento di sgravi contributivi ai datori di lavoro che assumano lavoratori disoccupati di lunga durata.

Essenziale, ai fini dell’applicazione delle predette misure, è che il soggetto risulti iscritto nelle liste dei disoccupati presso il Centro per l’Impiego e che vi sia la persistenza dello stato di disoccupazione. La funzione di accertamento dello stato di disoccupazione è demandata dalla legge ai Centri per l’impiego, sia ai fini della promozione delle attività che il servizio pubblico svolge per agevolare l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, sia ai fini dell’eventuale erogazione dei relativi sussidi.

Ai fini dell’accertamento della condizione di inoccupazione di cui all’art. 14 comma 2, lett. b) e c) del decreto legislativo 252/2005, si ritiene che, in assenza di specifiche disposizioni normative, spetti al fondo pensione l’individuazione della documentazione più idonea da richiedere all’iscritto. E’, comunque, da ritenersi congrua l’acquisizione da parte del fondo pensione di un certificato del Centro per l’impiego con indicazione della data di iscrizione alle liste di disoccupazione ed attestazione di permanenza del relativo status, unitamente a documento dal quale risulti la data di cessazione del rapporto di lavoro (es. comunicazione di licenziamento da parte dell’azienda).

Inoltre, si ha presente che lo stato di disoccupazione risulta anche comprovabile, ai sensi dell’art.46, comma 1, lett. r) del D.P.R. n. 455/2000, mediante dichiarazione sostitutiva di certificazione. In ragione dell’estensione della normativa in materia di documentazione amministrativa anche ai privati che vi acconsentano (art. 2, comma 1 del medesimo D.P.R.), si ritiene ammissibile l’acquisizione da parte dei fondi pensione, in luogo della certificazione, di una dichiarazione dell’iscritto, resa ai sensi dell’art. 46 del DPR 455/2000, che attesti il mancato svolgimento di attività lavorativa per il periodo di tempo previsto dalla normativa. In tal caso andranno, comunque, effettuati dei controlli, sia pure a campione, circa la veridicità delle dichiarazioni rese.

Con riferimento, poi, alla problematica posta circa lo status di socio accomandante e la compatibilità di tale qualifica con quella di inoccupazione, occorre precisare che nella società in accomandita semplice la distinzione fra soci accomandanti e soci accomandatari è fondata sulla diversa disciplina della responsabilità patrimoniale, limitata per i soci accomandanti e illimitata per gli accomandatari. Al beneficio della responsabilità limitata corrisponde una rigida, anche per giurisprudenza costante, esclusione degli accomandanti dall'amministrazione della società (divieto di immistione).

Ipotesi del tutto eventuale è lo svolgimento da parte del socio accomandante anche di un’attività lavorativa a favore della società; di conseguenza, la mera partecipazione societaria in qualità di accomandante non costituisce, di per sé, elemento identificativo di un rapporto di lavoro subordinato.

Per poter accertare l’esistenza o meno di tale ulteriore rapporto si renderebbe necessaria un’indagine complessa relativa, da un lato, al contratto associativo e, dall’altro, alle modalità in cui è articolato il rapporto fra accomandante e gli altri amministratori, atteso che la prestazione lavorativa potrebbe anche integrare gli estremi di un conferimento alla società sulla base del contratto sociale.

Nel caso di cui trattasi, pertanto, si ritiene che possa essere sufficiente acquisire la certificazione sopra indicata inerente l’attestazione dello stato di disoccupazione ovvero dichiarazione sostitutiva dell’interessato, unitamente alla dichiarazione resa dallo stesso di non svolgere attività lavorativa nella società in accomandita semplice e di non ricevere da essa proventi.

Il Presidente f.f.