Risposta a quesito in merito alla possibilità di liquidare ai dipendenti il TFR già destinato a previdenza complementare

Categoria: 
Fonti istitutive e finanziamento
Finanziamento
Data: 
Luglio, 2015

 


(lettera inviata a un fondo pensione preesistente)



Si fa riferimento alla nota del 15 giugno u.s. con la quale è stato chiesto un parere in merito alla legittimità degli accordi intercorsi tra una Società e alcuni dipendenti, volti a liquidare direttamente ai lavoratori il TFR in precedenza destinato al Fondo.

In particolare, è stato segnalato che la predetta Società non versa da vari anni il TFR di alcuni dipendenti iscritti al Fondo, con modalità esplicite o tacite, da data successiva all’entrata in vigore del d.lgs. n. 252 del 2005. Dopo vari solleciti, nonché la concessione di rateazioni di pagamento le cui scadenze non sono state rispettate, sono state di recente intraprese anche azioni legali da parte di codesto Fondo.

E’ stato inoltre rappresentato che la Società nel gennaio di quest’anno, nell’informare di aver avviato un procedimento di cassa integrazione guadagni straordinaria e di gestione degli esuberi attraverso il ricorso alla mobilità, ha chiesto un parere al Fondo circa la possibilità di liquidare ai dipendenti il TFR dovuto allo stesso.

Nonostante il parere negativo espresso, la Società ha comunque stipulato un accordo con alcuni dipendenti volto a corrispondere direttamente agli stessi il TFR già destinato al Fondo e a questo non versato.

Al riguardo viene in rilievo la disposizione di cui all’art. 8, comma 7, lett. a), che disciplina la scelta, con modalità esplicite, sulla destinazione del TFR da parte dei lavoratori di prima assunzione successiva all’entrata in vigore del d.lgs. n. 252 del 2005. Secondo tale norma solo la scelta esplicita di mantenere il TFR in azienda è sempre successivamente revocabile; ne consegue che è da intendersi irrevocabile, per contro, quella relativa alla destinazione del TFR a previdenza complementare.

Detto principio è da ritenersi applicabile anche alle adesioni degli stessi lavoratori di prima assunzione successiva all’entrata in vigore del d.lgs. n. 252 del 2005 attraverso modalità tacite, disciplinate dalla lett. b) del medesimo comma 7, nonché ai dipendenti già in servizio alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, in virtù del richiamo all’applicazione delle norme dell’art. 8, comma 7, effettuato dall’art. 23, comma 8.

Ugualmente, in mancanza di diverse disposizioni in merito alla revocabilità della scelta, detto principio vale anche per i dipendenti con anzianità di iscrizione alla previdenza obbligatoria anteriore al 29 aprile 1993, di cui alla lett. c) del citato art. 8, comma 7, per i quali il conferimento può riguardare, attraverso modalità esplicite o tacite, il TFR anche solamente in quote.

Si osserva che tale principio è stato più volte ribadito dalla Commissione nei propri documenti di carattere generale. Ad esempio, nelle Direttive recanti chiarimenti sulle scelte di destinazione del TFR da parte dei lavoratori che attivano un nuovo rapporto di lavoro approvate il 24 aprile 2008, la Commissione ha precisato che Per il lavoratore che abbia già optato per il conferimento del TFR ad una forma di previdenza complementare e che non abbia operato il riscatto integrale della posizione individuale, la scelta a suo tempo effettuata rimane efficace anche nei confronti del nuovo datore di lavoro.

In sostanza se la scelta di destinazione del TFR alla previdenza complementare rimane efficace anche quando il lavoratore venga riassunto alle dipendenze di un altro datore di lavoro, a maggior ragione non può essere revocata in costanza dello stesso rapporto di lavoro.

Ciò risulta inoltre confermato anche dall’art. 8, comma 5, dello Schema di statuto dei fondi pensione negoziali, approvato dalla COVIP con Deliberazione del 31 ottobre 2006 e valido anche per i fondi preesistenti, in base al quale In costanza del rapporto di lavoro l’aderente ha facoltà di sospendere la contribuzione a proprio carico, con conseguente sospensione dell’obbligo contributivo a carico del datore di lavoro, fermo restando il versamento del TFR maturando al Fondo.

La Commissione ha così ritenuto che l’iscritto che versa il TFR, a prescindere dalle modalità di adesione, espresse o tacite, nonché dalla data di prima assunzione o di iscrizione alla previdenza obbligatoria, possa sospendere i flussi contributivi a proprio carico, ma non il versamento del TFR, in coerenza con i principi desumibili dal d.lgs. n. 252 del 2005 che non prevede ripensamenti sulla scelta di destinare il TFR a previdenza complementare.

Da ultimo, l’irrevocabilità della scelta è stata implicitamente ribadita dalla legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014) che all’art. 1, comma 26, prevede, in via sperimentale e per i soli periodi di paga decorrenti dal 1º marzo 2015 al 30 giugno 2018, la possibilità per i lavoratori dipendenti del settore privato che abbiano un rapporto di lavoro in essere da almeno sei mesi presso il medesimo datore di lavoro di richiedere al datore di lavoro stesso di percepire la quota maturanda di TFR, compresa quella eventualmente destinata ad una forma pensionistica complementare di cui al d.lgs. n. 252 del 2005, come parte integrativa della retribuzione.

La citata disposizione, che si pone quindi in deroga ai principi desumibili dall’art. 8, comma 7, del d.lgs. n. 252 del 2005, consente la liquidazione diretta della cosiddetta Qu.I.R. (quota integrativa della retribuzione) solo per i lavoratori che si trovino nelle condizioni e per i periodi ivi previsti, confermando, così, che al di fuori della predette ipotesi il pagamento diretto al lavoratore del TFR destinato a previdenza complementare non è ammesso.

Il Presidente f.f.